Chi sono Io?

Parte II

Brano tratto dal libro di Arnaud Desjardins: “Il Vedanta e l’Inconscio”

 

Che meraviglia questo discepolo! Questa voce, questa coscienza inizialmente flebile, facilmente coperta come le rocce che vengono sommerse dalle onde del mare, così coperta che talvolta voi stessi non la ritroverete più, ma che vivrà, crescerà lentamente, cercherà e troverà la sua strada, pazienterà, attenderà e spererà. Il discepolo non può mai dubitare. Se voi, dubitate è perché lo fa un vostro personaggio interiore, che a tratti grida più forte del discepolo. Poi, come un turacciolo gettato in acqua che torna a galla, tornerà il discepolo. Non si deve dire “sono discepolo del Bost”, ma “sembra proprio che in me sia nato il discepolo”. Allora egli crescerà; all’inizio sarà piccolo, debole, però sta crescendo. E non diventerà mai un dittatore, ma un re nel suo regno. Lui è stabile, ha un fine che esprime in un modo o in un altro: libertà, pienezza, grandezza. L’obiettivo si precisa poco alla volta. Non cambia, si precisa, diventa più chiaro.

Il discepolo si comporta con simpatia e intelligenza. Sento ancora la voce di Swamiji che dice: “Be a little intelligent and sympathetic”, siate un po’ intelligenti e comprensivi. Il discepolo che è in voi si comporta con simpatia e intelligenza nei confronti dei vostri altri aspetti. Sia questo criterio a guidarvi. Se ciò che ritenete il discepolo in voi non prova simpatia per gli altri aspetti di voi stessi, non può essere tale, e nel caso si impaurisca di fronte a questo o quel vostro aspetto non sarà nemmeno intelligente. La paura offusca l’intelligenza. Occorre che il discepolo in voi sia intelligente e provi una qualche simpatia per gli altri aspetti di voi stessi. Questa è l’unica garanzia di un Cammino giusto. Purtroppo, spesso non succede così. Il discepolo torna dittatore, impartisce ordini, pone divieti, vuole rifiutare, censurare, rimuovere tutto quanto non gli sta bene. In altri termini, incarcera ogni opposizione, riempie le galere della repressione, del rifiuto, della negazione: “Non voglio più vedervi in strada, non voglio che abbiate diritto alla parola, vi rinchiudo in una immensa prigione detta inconscio, in cui rimuovo tutto quello che non mi piace”. In galera si verificano ogni tanto sommosse e ammutinamenti, ma allora la repressione infierirà con maggior rigore.

Il discepolo si nutre talvolta di idee e sentimenti religiosi dualistici. Si nutre di una scrittura che può essere il Corano o il Vangelo. Si sostiene coi sacramenti, oppure seguendo cerimonie rituali. Avverte un senso di solidarietà con gli altri uomini impegnati lungo lo stesso Cammino. S’appoggia a un’istituzione come la Chiesa cattolica, quando essa era ancora coerente, o a un sangha buddhista. A volte non adopera il linguaggio religioso, non appartiene a una chiesa costituita, si fa semplicemente aiutare da una persona detta “guru”: il compito del discepolo che è in voi (e non voi in quanto discepolo, una frase che non significa alcunché) eseguirà insieme al guru sarà l’integrazione, il collocarsi sotto un giogo. Mi sovviene una frase evangelica: “Il mio giogo è dolce”, termine che tra l’altro ha la stessa radice di “yoga”. Bisogna che il giogo del discepolo sia dolce.

O entrate integri nel Regno dei Cieli o non vi entrerete mai. Non è possibile dire: “una mia metà entra nel Regno dei Cieli e il resto (la sessualità e anche la gelosia) lo lascio fuori dalla porta”. Tutto deve entrare trasformato in quel regno. I cinque veleni del buddhismo tantrico, ovvero i cinque difetti o debolezze maggiori, si trasformeranno in altrettante saggezze. Ciò che caratterizza il discepolo è pertanto un Fine univoco, che esiste da sempre nella filigrana della vostra vita, nei successi come nelle avversità, nella calma come nelle tempeste. All’inizio è, per esempio, questa parte di voi stessi che sarà non violenta nei confronti delle parti violente che sono in voi. Se pensate di essere unificati, vi direte: “Devo essere non violento, devo rimanere nella verità”, oppure manifesterete un altro precetto o istruzione. No; “voi”, se chiamiamo così la totalità da cui siete composti, conscio e inconscio, non potete essere né non violenti né nella verità. Ciò che conta è che il discepolo in voi sia non violento, ahimsa, nella verità, satya, e si comporti in base a certi precetti non solo con “gli altri”, nel senso comune del termine, ma con gli altri in voi.

“Gli altri” sono dentro di voi e la dottrina indica in che modo il discepolo che è in voi deve comportarsi con gli altri aspetti di voi stessi. Solo allora si ristabilirà gradualmente l’ordine. L’uomo diventerà in ogni senso un cosmo, un universo, una gerarchia. Dentro di voi, il discepolo è un grande alchimista, capace di trasmutare tutti i vostri aspetti in luce, saggezza, forza e verità.

Oggi quello che merita di essere chiamato “io” è il discepolo. Se mi rivolgo a voi, dicendo “voi”, è al discepolo che parlo. Riprendo l’analogia di poco fa: come un turacciolo gettato in acqua, come una roccia coperta dalle onde fluttuanti del mare, anche il discepolo si troverà momentaneamente sommerso. Allora, per un momento egli non sarà più nessuno, ma crederete che esista ancora qualcuno. Non vi comprenderete più, non vi riconoscerete più, non saprete più chi siete, avrete timore di voi stessi. No, dite semplicemente così: “Aspettiamo che si ritiri il mare e riapparirà la roccia, attendiamo che il turacciolo torni in superficie, e il discepolo sarà di nuovo lì”. Allora avrò di nuovo davanti qualcuno a cui parlare dentro di “voi”. E quando dico “voi”, non intendo rivolgermi a voi, ma al discepolo che avete dentro. Osservatelo e non inquietatevi. Occorre che il discepolo in voi imponga sui vostri altri aspetti un giogo dolce come quello di Cristo. Non torturatevi, non siate tirannici. Non martirizzate il corpo per insegnargli a tenersi dritto, non martirizzate il cuore per insegnargli a non innamorarsi più stupidamente, non martirizzate il pensiero perché è uno zingaro che vaga, non martirizzate le emozioni perché non sapete accettare o riconoscere in voi la paura, la gelosia, il bisogno infantile di essere amati e l’odio per chi vi fa soffrire. Non torturate nulla di tutto questo. Trasformate. Fin dall’inizio il discepolo dev’essere impregnato del sentimento religioso che lo collega a se stesso, a gli altri uomini, al resto dell’universo, all’infinito. Egli deve avere fin dal principio l’aspirazione a superare l’ego.

Quando direte “io”, sarà davvero la vostra totalità a essere inclusa in questa parola, e quando vi rivolgerò la parola sarà alla vostra totalità che parlerò, poiché tutto in voi sarà armonizzato, raggruppato intorno al discepolo. Questi deve diventare il re nel suo regno interiore e allo stesso tempo possedere l’umiltà del vero sovrano che si considera solo il rappresentante di Dio in terra. Per quanto concerne le monarchie, ammetto che si tratta forse di frasi vuote, se non di bugie, semplici atteggiamenti di facciata. Ma per quanto riguarda la vita interiore, le cose non stanno affatto così: quelle sono parole di verità.

Soltanto il discepolo che è in voi può realizzare “la volontà di Dio”, non tutto il resto. Però, poco alla volta questo resto si raggrupperà attorno a lui e la totalità di voi stessi sarà in grado di fare la volontà divina. Quello sarà il Cammino. Accettate i vostri cambiamenti, la vostra instabilità e complessità; accettate le vostre contraddizioni, senza timori, altrimenti si instaurerà la menzogna e si fermerà tutto. E rammentate che l’insegnamento è riservato solamente a quella parte di voi che chiamo “discepolo”.

Capita che ciò a cui mi riferisco si concretizzi e diventi reale, sicché vi saranno un Cammino e una liberazione; ma molto spesso quest’aggregazione delle funzioni intorno al discepolo non si realizza, e prosegue l’esistenza ordinaria. Solo che si riempirà di ashram, anziché di circoli golfistici, e le biblioteche si infarciranno di opere sullo zen, invece che di libri scientifici o di studi sul marxismo. Tutto qua. Cambiano soltanto i nomi. Se avete capito a cosa mi riferisco, comprenderete perché ci sono tanti fallimenti nella vita spirituale; così avrete alcuni criteri per comprendere. Non parlo per giudicare, ma per comprendere.

A prescindere dal fatto che ci sia o non ci sia un rito d’iniziazione, importa sapere se in voi è nato o si è svegliato il discepolo. La parola “infinito” significherà innanzitutto “grande, ampio, non meschino e non egoista”. E’ così che si comincia. Il termine “libero” vorrà semplicemente dire: più libero, meno imprigionato, meno condizionato. Ma chi oggi è più o meno libero? Il discepolo in voi in relazione a tutti gli altri aspetti di voi stessi. Non scordatelo mai, altrimenti ricomincerete a dire “io”, a non capire più niente di quel che siete. Sarete continuamente sorpresi, costantemente travolti dalle emozioni, identificati, rimessi in discussione. “Io sono libero”, “Io non sono libero”. No, no. Afferrate subito questo: il discepolo in voi è più o meno libero rispetto ai vostri altri aspetti, oppure deve subire sempre i loro assalti che lo travolgono, che lo sballottano e lo sommergono? La libertà del discepolo in voi crescerà; egli cresce sotto forma di una libertà che aumenta. Diventerà sempre più libero rispetto ai pensieri, alle emozioni, alla sessualità, alle esigenze del corpo e all’inconscio.

Il discepolo crescerà come un bambino. Non dico che sia infantile, ma che inizialmente è piccolo, fragile come un bambino, come il Cristo nato nel cuore della notte e dell’inverno, nudo e indifeso al pari di qualunque neonato. Sarà la natività del discepolo in voi. Già lo riconosce almeno una vostra parte, una parte della vostra intelligenza gli si sottomette, alla stregua dei Re Magi che si recano a onorare il bimbo divino. Poi anche una parte del molteplice in voi, che ne ha abbastanza di soffrire, riconoscerà questo discepolo neonato, come i tanti pastori che si recarono a adorare il Cristo nel giorno di Natale. Il discepolo che è dentro di voi, in mezzo ai vostri altri aspetti, rivivrà tutte le vicissitudini del Cristo narrate nei Vangeli. Ma se cercaste di capire i rapporti tra un presunto “voi” che non esiste, e il resto del mondo, vi sbagliereste. Quello che descrivono i Vangeli e le dottrine orientali non riguarda un “voi” inesistente. Esso è attinente al discepolo nato in voi rispetto al resto di voi stessi. I pastori sono dentro di voi, i Re Magi sono al vostro interno; i farisei e i sadducei sono in voi, anche il tempio di Gerusalemme lo è. Tutto è al vostro interno, Lo stesso dicasi per Mosè, il Mar Rosso e il faraone. Allora davvero avverrà il miracolo della Natività.

Forse non ricordate quando e come è nato il discepolo, a contatto con quale idea, parola, sguardo, opera d’arte. Ma se egli esiste, tutto è possibile. Ciò che oggi definisco il discepolo in voi, un giorno, quando sarà svezzato e istruito, diventerà il “guru interiore”. Non equivocate però sul termine “istruito”. L’insegnamento è un argomento da trattare con cautela, che associamo troppo spesso a un’istruzione di tipo tecnico o intellettuale. Ecco perché ritengo che l’antico concetto di Cammino, in sanscrito mārga, sia più corretto; una dottrina, infatti, non è mai completa. E’ possibile insegnare al corpo certe posizioni dello yoga e alla mente alcune verità metafisiche, Già è più difficile “insegnare” i sentimenti al cuore; si possono insegnare alla testa alcune verità sui sentimenti, ma non sarà la stessa cosa che insegnare al cuore i sentimenti.

Il Cammino riguarda l’uomo nella sua integrità. E il discepolo porta ovunque il suo intero essere. Se si reca in India da Anandamay Ma’, egli porta con sé tutto il suo essere, comprese le avversioni del bambino che ha sofferto e che non può non detestare chi l’ha fatto soffrire; porta il desiderio sessuale, che è biologico, naturale e che non può scomparire con qualche buona parola; porta le paure, le voglie, tutta una moltitudine di cose, come Mosè che condusse il popolo ebraico nel deserto, fino alla Terra Promessa (e sapete bene quanto recalcitrassero gli Ebrei). Non stupitevi quindi se una vostra parte recalcitrerà, ribellandosi al discepolo. Se sarete in grado di sentirla senza più dimenticarla, non sarete ancora liberi ma sarete salvi. Se continuate a dire “sono un discepolo”, non combinerete altro che confondervi ulteriormente, perché l’io non esiste, e lo stesso o la stessa che ieri amavano tanto il Bost oggi lo odiano, e viceversa. In tale illusione, ucciderete il discepolo.

Bene. Il discepolo è nato e ora c’è qualcuno a cui si può parlare: lui è uno a cui si possono rivelare verità sulle emozioni, sui pensieri, sul corpo, sulle sensazioni, sul sesso e sulle identificazioni. Gli si può parlare di tutto ciò e lui capirà. Non pensate che voi, che come voi non esistete, abbiate stabilito una pur minima relazione con Arnaud. L’ha creata il discepolo. Ma altre parti di voi non l’hanno affatto stabilita! Il Cammino rappresenta l’armonizzazione di questa moltitudine col discepolo, per cui non siate delusi se essa non si è ancora realizzata. Non muovete dal concetto che dovreste essere già unificati lungo il Cammino, già in completa armonia, altrimenti vi situereste continuamente nella non-verità e nella contraddizione, chiedereste l’impossibile a voi stessi, ricominciando le acrobazie della menzogna e del mentale. L’astuzia del mentale consiste nell’usare i pronomi: io, me, voi, come se tutto fosse già fatto. “Io”, quale io? “Voi”, quale voi?Ma se capite quel che sto dicendo, il mentale si troverà già messo in dubbio. Potrete già comprendere una cosa sul guru. Che cosa vede egli? In che modo agisce? Che differenza esiste tra lui e le altre persone con cui siete in rapporto? Ciò di cui parlo, il guru l’ha capito e vissuto, per cui ha abbandonato le vostre illusioni. In lui si è compiuta l’armonizzazione. Nei nostri incontri, le persone normali credono sempre che sia “io” a incontrare “voi”, il che non ha alcun senso, mentre il guru non è mai sorpreso, dato che non coltiva l’illusione di incontrare un individuo stabile e unificato. Egli sa: “Vedo arrivare di fronte a me una moltitudine mutevole, un insieme contraddittorio di pensieri, paure, desideri, alcuni latenti e inconsci, altri palesi e manifesti; vedo venirmi incontro un’incoerenza soggetta a un determinato ordine di cause che producono effetti, al centro della quale si situa però il discepolo. So perfettamente che questo discepolo rappresenta una parte, non la totalità”. Ammesso questo, non sarete più presi alla sprovvista.

Non vale la pena perdere tempo a rivolgermi a questo o quel frammento, passeggero ed effimero dell’incoerenza. Il primo compito del guru è riportare a galla il discepolo sommerso dalle onde come la roccia nell’oceano. Allorché tornerà in superficie, gli si potrà parlare. Ma è inutile parlare di insegnamento se non c’è discepolo. Il guru vi aiuterà a usurare, a indebolire le parti in voi che sono più ostili al discepolo.

Ecco perché sostengo che la nozione di Cammino è più giusta rispetto a quella di insegnamento.

Ora quindi capite meglio la distinzione fra discepolo e candidato-discepolo nell’insegnamento di Swamiji. Il secondo non è qualcuno che ha avanzato la sua candidatura affinché un guru accetti di guidarlo, bensì qualcuno che forse è già in contatto col guru da diversi anni e che rimane però candidato, perché il discepolo non è ancora abbastanza forte dentro di lui. Quando colui che definisco discepolo sarà diventato davvero vostro padrone, si potrà dire che sarete diventati discepoli. Ma questa è una fase molto, molto avanzata: non potrete più sbarazzarvi del discepolo, né rimetterlo in discussione o soffocarlo con voci contraddittorie.

All’inizio tali voci esistono ancora, non dimenticatelo. Sappiate riconoscere il discepolo in voi, fate in modo che i Re Magi e i pastori che sono in voi lo omaggino. Ciò sarà realizzabile se le vostre varie parti non lo sentiranno come nemico e non si impauriranno. Se egli è vero, esse ne riconosceranno la grandezza. Non avendo più timore, si sentiranno attirate e vorranno collaborare. Altrimenti permetterete che in voi regni il terrore e sarete dei semplici dittatori. La vostra parte che vuole far regnare il terrore dentro di voi (per ambizione, per orgoglio, per conseguire rapidamente il fine) non può essere il discepolo.

Sappiate riconoscerlo in coloro che vi circondano. Se credete che Christiane o André lo siano integralmente, vi sorprenderete di continuo: “Ah! Come mai un grande discepolo quale André o Christiane osa dire questo, osa fare quello?”. No, sappiate riconoscere il discepolo nella complessità di André e Christiane; allora tutto vi sarà più chiaro. Vi sorprenderete di meno, sarete meno sconvolti, meno sconcertati e indignati. Il progresso è quello del discepolo all’interno di tutto il resto di voi stessi, è il vostro progresso e quello di chi vi circonda. Convincetevi di questo e non scordatelo più. Tutto diverrà più facile, perché tutto diverrà più vero; più sarà vero e più sarà facile, meno sarà vero e maggiori saranno le difficoltà.

Segue la “Parte Terza” di questo testo.

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