Chi sono Io?
Parte III
Brano tratto dal libro di Arnaud Desjardins: “Il Vedanta e l’Inconscio”
Un celebre detto buddhista recita così: “Desto tra i dormienti”. In altre tradizioni si parla di visione e accecamento, conoscenza e ignoranza, liberazione e schiavitù. Nel Cristianesimo si preferisce dire caduta e redenzione. Cambiano i vocaboli, ma la realtà è identica.
In questi diversi punti di vista, interessa meno il modo con cui si designa il fine, rispetto a quello col quale si sottolinea uno dei vari aspetti della condizione cui occorre sfuggire. Alcune dottrine mettono l’accento sulla condizione ordinaria e, poiché descrivono la vanità dell’esistenza o lo stato di sofferenza, sembrano pessimiste; altre pongono l’attenzione sull’obiettivo finale e sembrano più ottimiste, dato che presentano l’uomo come se fosse chiamato alla liberazione, a un affrancamento da tutti i suoi legami, a un cambiamento radicale del suo essere e della sua coscienza.
Parlare di risveglio in relazione a una vita immersa nel sonno è facile, e l’idea dell’uomo risvegliato può riecheggiare in voi. Ma chi può intendere esattamente la parola “sonno” e chi è convinto di essere addormentato?
Potete iniziare a comprenderlo in due modi. In primo luogo, se vi esercitate a essere vigili, presenti a voi stessi, vedrete fino a che punto vi sfugga tale vigilanza, quanto sia arduo essere presenti a se stessi e ci si faccia trascinare dalle attività esteriori. Ci sono espressioni linguistiche assai rivelatrici di ciò, per esempio “riprendersi, ritrovare se stessi, raccogliersi, ritrovare il controllo di sé”. E del resto non si tratta del sonno a cui ci si riferisce quando restiamo immobili, a letto. E’ un sonno in cui si agisce, ma non come un sonnambulo dal comportamento inoffensivo. Si agisce come qualcuno che è stato addormentato da un ipnotizzatore e che, in seguito all’ipnosi, riceve ordini sentendosi obbligato a seguirli. Vale la pena comprendere questo passo perché vedrete subito come esso sia applicabile anche a voi. In compenso se ci si tiene desti grazie alla “vigilanza”, comparirà una certa libertà, dal momento che gli influssi da me paragonati a quelli di un ipnotizzatore non potranno più esercitarsi.
(….)
Forse questo discorso vi stupisce perché non avete mai riflettuto sulla questione dell’ipnotismo, peraltro ormai passata di moda, ma si tratta di un paragone antico, del tutto tradizionale e ricco di senso. Nella Genesi si dice che Dio fece piombare Adamo in un sonno profondo, dopodiché creò Eva da una sua costola. Ciò si pone all’origine della dualità e della caduta dal Paradiso primordiale della non-dualità. E da nessuna parte si narra che, dopo averlo addormentato, Dio abbia risvegliato Adamo, per cui possiamo dedurne che quel sonno prosegua, che anche nella tradizione della Genesi la condizione umana ordinaria sia paragonata al sonno e che il gioco del dualismo, del frutto dell’Albero della conoscenza del Bene e del Male, sia possibile soltanto in stato di sonno.
Ciò che gli induisti chiamano maya e i buddhisti mara funge da ipnotizzatore che, dopo averlo fatto sprofondare nel sonno, ingiunge all’uomo di fare cose che questi ritiene di dover eseguire senza capire come e perché, ovvero senza averne consapevolezza.
Addurrò un esempio universale, quello del risveglio della sessualità, specie nei ragazzi, nei quali essa si desta in modo più brusco rispetto alla maggioranza delle ragazze. Sylvain ha quasi tredici anni: è molto fiero per lo sboccio della pubertà. Gli stanno crescendo i baffi, ha un po’ di peluria sul pube e sta mutando anche la voce. E’ felice perché gli sta capitando qualcosa che lo farà diventare uomo.
Questo è un esempio strabiliante del potere esercitato su di noi dalla maya, che confondiamo con una nostra scelta come se fossimo dotati di libero arbitrio. Ecco un ragazzo per il quale la sessualità è argomento di scherzi con i compagni. Nella società odierna, la letteratura erotica circola più facilmente rispetto a quando ero giovane io, e i dodicenni sanno quello che noi sapevamo a sedici anni. Tuttavia, anche se questi adolescenti possono scherzare più o meno grossolanamente sulla sessualità, anche se sanno tutto e sono al corrente di tutto, l’istinto sessuale non è ancora nato in loro. Non ci sono dodicenni nervosi, che non si addormentano perché hanno troppa voglia di fare l’amore con una donna, che escono in strada guardando intensamente le ragazze, che rientrano scontenti perché si sentono frustrati, che non osano avvicinare le femmine, che non riescono a sedurle. Di solito dico agli uomini che hanno visto arrivare bruscamente la pubertà: “Ricordate come eravate tranquilli a dodici o tredici anni, senza problemi, in pace? Non vi inquietavate, non vi preoccupavate, non soffrivate, non vi sentivate costretti ad appagare l’istinto sessuale. Esso non vi imponeva certe fantasticherie, certi pensieri, timori e problemi. Ricordate come all’improvviso, in modo inevitabile e inesorabile, al momento della pubertà nacque quell’istinto e come, un anno dopo, era cambiato il mondo? Non dico che eravate ossessionati, ma sapete bene che ci sono giornate in cui un ragazzo non riesce neanche a studiare per gli esami perché la sessualità lo pungola, lo agita e lo guida, reclamando un partner del sesso opposto. Possono intervenire l’educazione, i condizionamenti religiosi, morali e sociali, oppure alcune idee personali sullo stile di vita. Il fatto fondamentale è però la forza con cui appare l’istinto sessuale, benché in certi casi esso possa assumere la forma dell’omosessualità piuttosto che dell’eterosessualità”.
Osservate quindi bene come agisce questo ipnotizzatore, che possiamo chiamare natura, prigione, ignoranza, accecamento, sonno o il Maligno. Egli detta un ordine al ragazzo: “Tra un anno getterai uno sguardo completamente nuovo sul sesso femminile e sentirai il bisogno di fare l’amore. Te lo ordino oggi e tu lo eseguirai obbligatoriamente tra un anno”. Questo succede generazione dopo generazione; a quattordici anni, alla pubertà l’ordine impartito dalla natura verrà portato a termine. E l’adolescente immaginerà di interessarsi liberamente al sesso femminile, al punto da ritenere di telefonare liberamente a quella ragazza per incontrarla, da cambiare acconciatura di capelli, o blue-jeans per mettersi pantaloni di velluto, credendo che ciò lo renda più seducente. Gli uomini agiscono “liberamente” per soddisfare l’impulso sessuale, il quale li spinge a voler guadagnare soldi, a viaggiare, a tenersi in forma se si credono brutti, a farsi ritoccare il volto in un istituto di bellezza, a tradire il proprio paese, a commettere delitti, follie, o magari azioni più giuste ma non per questo più libere.
Non potete negare la potenza, a volte l’onnipotenza, sia della funzione sessuale propriamente detta sia dell’interesse per il sesso opposto, un interesse che non aveva la stessa forza prima dell’inizio della pubertà. Le ragazze cominciano a voler attirare i maschietti, vogliono essere da loro amate e avere successo almeno con uno; quelle su cui nessun ragazzo fissa lo sguardo soffrono – e agiscono. Ma possiamo sostenere che si tratti di un’azione libera da parte loro? E’ semplicemente un meccanismo biologico della della stessa sorta dei meccanismi che sostengono la sopravvivenza dell’universo: al risveglio della primavera, gli alberi mettono foglie e germogli, poi appaiono i fiori, che sono gli organi genitali. Tutta la natura si basa sull’attrazione tra l’elemento maschile e femminile, la riunione dei poli contrari. Ed ecco che quest’ordine, come quello di un ipnotizzatore, viene impartito al ragazzo dodicenne. Nel momento in cui si presentano i primi peli sulle labbra e sul pube, la natura dice: “Tra due anni sarai mosso dall’istinto sessuale, affascinato dalle donne”. La commedia ricomincia in ogni uomo, in ogni generazione, da quando ci sono uomini sulla terra… Dov’è la libertà?
(…)
Quello che dovete accettare è che ciò è vero per tutti, perché l’uomo non è vigile. Ecco perché, nel Vangelo, Cristo dice spesso: “Vegliate, vegliate e pregate”. Una volta chiesero al Buddha di riassumere il suo insegnamento in una sola parola, ed egli pronunciò quella che traduciamo con “vigilanza”. Questa veglia è un atteggiamento interiore, ben noto a tutti i monaci che si sono esercitati, siano essi cristiani, zen, induisti o sufi.
Se veglia, un uomo è in stato di vigilanza e l’ipnotizzatore non ha potere su di lui. Gli darà degli ordini ma l’uomo non si sentirà tenuto ad eseguirli: non faranno presa su di lui almeno finché sarà desto. Nel caso egli ricadesse nel sonno, l’ipnotizzatore potrà di nuovo dargli ordini: allora l’uomo li attribuirà ancora a se stesso, illudendosi di essere libero. Quante persone avete sentito dire: “Non so che cosa mi ha preso! Sono stato davvero sciocco. Non avrei dovuto farlo. Adesso bisogna che ripari il danno”. Almeno che il caso non sia grave, altrimenti si finirà in tribunale.
Molte cose sono possibili proprio a causa della mancanza di vigilanza: violenza, gelosia, avidità, paura, orgoglio, grandi difficoltà sulla via della saggezza; è possibile solo a causa di questa carenza basilare di vigilanza. Il concatenarsi di cause ed effetti, le azioni e reazioni hanno pieno potere su di noi mediante meccanismo biologi, fisiologici, ormonali, nervosi, psicologici, sociali, economici, politici, atmosferici, meteorologici: tutte cose studiate dalla scienza. Si tratta di un complesso di leggi, ossia determinismi. Le scienza umana studiano il modo in cui queste regole sono applicabili all’uomo.
Alcune scienze asseriscono che siamo determinati a livello biologico, altre ci mostrano come si producono in noi i fenomeni fisiologici, come l’assimilazione di una sostanza produrrà certi risultati. La sociologia e la psicologia ci indicano in che maniera siano capaci di condizionarci l’ambiente culturale, gli influssi familiari, le idee prevalenti nella società in un determinato periodo e perfino il possesso del mezzi di produzione (nella teoria marxista). E nonostante tutto continuiamo ancora a crederci liberi.
Il modo più potente per renderci conto di tale verità è studiare il linguaggio del sonno in cui veniamo sprofondati dall’ipnotizzatore, che può darci le istruzioni che vuole, obbligandoci a eseguirle.
Bisogna che un giorno (anche oggi, perché no?) consideriate questo linguaggio come qualcosa che vi riguarda direttamente. Questo produrrà in voi uno shock. E sarete rassicurati, sarete aiutati a sopportare il colpo, se penserete che non siete soli, che questa è la regola della condizione umana, ciò di cui parlano tutti gli insegnamenti. Del resto, accettate di aver bisogno dei polmoni per respirare, di acqua per bere. Oggi vi descrivo la condizione umana, la stessa che il Cristo, il Buddha, le Upanishad, i grandi maestri zen e tutti i saggi hanno detto che è possibile trascendere. Ecco la posta in palio. Un altro modo di dire che l’uomo viene mosso come un burattino. It is the status of a slave, diceva Swamiji: è la condizione dello schiavo. Ognuno deve guardare in faccia tale verità, che dapprima appare sconvolgente e spaventosa, ma che possiamo accettare se ci rendiamo conto che non è tutta la verità.
Ciascuno per sé, solo per sé, deve chiedersi: “Cosa rispondo a questo? Per quanto attiene al fenomeno della pubertà non posso negarlo. Ma è vero per il resto della mia esistenza?”. Sì, è vero. E’ per questo che esistono tutti gli yoga, le ascesi, i monasteri, i guru, i discepoli, ovunque li cerchiate, nella storia o sulla superficie del pianeta. Qualcuno ha preso consapevolezza di questa verità e ha voluto trascenderla. Esistono parecchi metodi e tecniche per svegliarsi. Ognuno è in grado di trovare lo yoga, l’ashram, la dottrina che gli si confà.
Se prestate attenzione, vedrete quanti gesti fate senza aver deciso di farli: praticamente tutti. E quante parole pronunciate senza aver deciso di pronunciarle: pressoché tutte. Quante conversazioni iniziano senza decisione cosciente di mettersi a parlare. E osservate, non nei dettagli della vita quotidiana, dove ciò è perfettamente percepibile, ma nei grandi orientamenti della vostra vita, notando come tutto si svolga. Potete sempre giustificarlo in qualche modo, credendo di essere liberi ma, se vi svegliate appena un po’, vedrete che non è vero. Vi accorgerete: “Chi mi guida? Chi mi dà questi ordini? …”.
Questa vigilanza si esprime in inglese con le parole awareness, mindfulness, collectedness, self-remembering, che possiamo esprimere con termini come “raccoglimento”, “consapevolezza” o, secondo l’antica espressione cristiana, “presenza a se stessi e a Dio”. Non c’è presenza a Dio senza vera presenza a se stessi, e inversamente, volendo usare un linguaggio religioso. Molti che si ritengono cristiani hanno avuto una minima formazione teologica, più alcune nozioni di etica e dogmatica. Ma il cristiano normale, sia cattolico che protestante, non ha alcuna conoscenza di teologia mistica o ascetica. Se studiaste la vita dei monaci benedettini, trappisti, certosini o del monte Athos, vedreste che la loro intera esistenza verte sulla necessità della vigilanza.
Numerose sono le tecniche che gli uomini hanno inventato, usato e trasmesso per conservarsi in stato di veglia. Alcuni, niente affatto malati o masochisti, hanno adoperato qualcosa che facesse loro provare una certa sofferenza fisica, da indossare sotto i vestiti, capace di procurare un po’ di dolore. Ogni volta che lo si prova, tale dolore rammenta la decisione di vivere desti, riportando alla consapevolezza di sé. Nel libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Gurdjieff sostiene che occorre continuamente inventare nuove suonerie per svegliarci la mattina, perché ci abituiamo a quella che abbiamo che non ci desta più.
L’architettura dei monasteri, che siano zen, trappisti o tibetani (quelli in cui ho vissuto e soggiornato), gli orari della giornata, gli abiti, l’uso dei suoni, le regole stabilite, apparentemente inutili per una vita nel sonno, tutto serve a permettere questa vigilanza. In tale stato di veglia, gli ordini dell’ipnotizzatore non avranno più alcun potere su di noi.
Colui che definisco ipnotizzatore sarà chiamato “tentatore” o “Satana” dai cristiani. Ma tutto nasce così: non solo il fatto di rubare, mentire o commettere un delitto; ogni azione della vita deriva dall’ipnotizzatore, anche quelle che reputiamo inoffensive, persino quelle pregevoli e ammirevoli. Ecco perché si dice che la realizzazione trascende il bene e il male, è completamente al di là sia del bene abituale sia del male abituale. E’ l’ipnotizzatore a suggerire a qualcuno: “Inaugura un orfanotrofio o regale una grande somma di danaro a un’opera di carità”, lo stesso che suggerisce ad altri: “Spara ai poliziotti se arrivano mentre svaligi una banca”. In entrambi i casi, la libertà è inesistente. L’unica cosa diversa, a seconda del livello evolutivo raggiunto, sono gli ordini impartiti. Sapete bene che la parte iniziale del cammino, ancor prima di capire come liberarsi, consiste nel sentire, sempre meglio, fino a che punto si è in balia di tali influenze. Ed esse sono molto più complesse oggi di quanto non fossero nelle antiche, semplici società.
All’inizio del cammino di autoconoscenza, ci accorgiamo, come non l’abbiamo mai fatto, in che modo operi in noi la legge dell’ereditarietà. A volte ci si vede quali i riflessi del padre o della madre, e per questo occorre possedere già un livello reale di autoconoscenza. La cosa è tanto più dolorosa se, come capita spesso, ci si trova in conflitto col genitore e non si è affatto fieri di esserne un nuovo esemplare. Tale retaggio esiste fisicamente ma anche mentalmente per imitazione (“Tale padre, tale figlio”) o per reazione (“Padre avaro, figlio prodigo”). In entrambi i casi non c’è libertà.
Così, la prima constatazione di un discepolo è la sua mancanza di vigilanza, la sua distrazione. In questa condizione di sonno, non è possibile “fare la volontà di Dio”: si fa la propria volontà, quella dell’ego, oppure il volere di Satana, usando un altro linguaggio. La volontà egoica può essere non violenta, generosa, ma non sarà mai libertà o risveglio. Talvolta gli uomini generosi finiscono per contrapporsi: protestanti contro cattolici, cattolici contro ortodossi, cristiani contro musulmani, induisti contro buddhisti, il tutto nel nome dell’amore per il prossimo.
Considerate quanto il Maligno sorrida e si sfreghi e mani.
Veda ognuno di voi come ciò possa riguardarlo. Potete ascoltare la verità apparentemente terribile di cui vi parlo oggi, perché esiste una possibilità di sfuggirvi. Ma non potrete sfuggirvi se non siete prima del tutto persuasi che ciò che dico è vero, se non vi renderete conto che questi meccanismi, questa concatenazione di cause ed effetti, sono per voi onnipotenti e vi ordinano di fare azioni che sono solo reazioni. E le fate, essendo convinti di essere liberi, giustificandole al pari di un uomo sotto ipnosi. Questa non è vita. In ogni caso, non una vita in cui sarete sempre in pace con voi stessi e con gli altri, e sempre in stato di amore. Guardate come va il mondo. Guardate, è tanto semplice. Tanta buona volontà e tanta violenza. Tutti sognano un mondo migliore. I cristiani integralisti, i cristiani di sinistra, i comunisti, i maoisti, tutti sognano un mondo migliore. Ciascuno, nelle sue profondità, nutre nostalgia di bellezza, tenerezza, armonia e generosità. Non esiste cuore indurito che non versi una lacrima se gli si raccontano i sacrifici di una madre per i figli. Tanta nostalgia di pace e amore; tanta aggressività nei fatti. La violenza ci pervade. Le guerre sono dichiarate liberamente? Le persecuzioni vengono scatenate liberamente? Ed è liberamente che le persone rendono infelici se stesse e gli altri? Andiamo. E’ a causa del sonno ipnotico in cui vive l’umanità.
Voi siete in grado di capire questo linguaggio antico. Esso vi riguarda più da vicino e in modo più vitale rispetto al linguaggio di Marx o Jean Paul Sartre. E’ la verità più grande, universale e unanimemente ammessa nelle varie dottrine esoteriche. Ma potrete essere liberi solo se vi destate. Il risveglio è la condizione della libertà e per svegliarsi occorre lottare.
Immaginate che un burlone vi abbia fatto ingerire a vostra insaputa tre pasticche di sonnifero, quando ne basterebbe una per dormire e due per gli insonni recidivi. Dovete portare a termine un compito: un intervento se siete chirurghi, dei calcoli se siete ingegnere, o guidare se siete autisti. Voi lottate, lottate accanitamente contro il sonno. E’ la condizione del monaco, un uomo che lotta contro il sonno, per rimanere in stato di veglia, fino al risveglio definitivo, allorché non sarà più necessario lottare. Mentre gli uomini che non si sono mai interessati a questo tipo di verità non combattono affatto: una forza li mantiene nel sonno, essi vi si abbandonano completamente e “sognano”, tutto ha natura “onirica”. Per esprimersi con una terminologia più forte: obbediscono agli ordini dell’ipnotizzatore.
Dopo averla debitamente padroneggiata, potrete esaminare qualsiasi tecnica yogica o ascetica. Vedrete che i suoi criteri saranno sempre applicabili. Si tratta sempre di far crescere la convinzione sia della necessità sia della possibilità di svegliarsi. Ci si addormenta, si diventa marionette ipnotizzate, e poi ci si sveglia quasi rinnovati. E’ certo che l’ipnotizzatore esercita un potere su di noi attraverso l’inconscio e grazie alle funzioni biologiche. Ma ci sono persone che si sono svegliate: i maestri sufi, tibetani, zen, induisti. Si sono destati e l’ipnotizzatore non esercita più alcun potere su di loro.
L’azione diventerà libera e spontanea. Si dirà che essi realizzano solo la volontà di Dio. Il linguaggio cambia e può essere più o meno efficace, più o meno capito, oppure interpretato male, ma l’esperienza a cui esso fa riferimento è la stessa: la libertà.
Che rapporto esiste a livello superficiale tra un ashram induista nelle pianure indiane, un convento tibetano tra i monti, un sobrio monastero zen e un convento di trappisti, ove ferve il culto della Vergine? L’osservatore superficiale vede solo una cosa: le differenze, oppure le contraddizioni e i conflitti. Il primo elemento che salta agli occhi sono le cose che il monastero zen, l’ashram induista e la confraternita sufi non condividono, fatta forse eccezione per il silenzio al momento dei pasti. Non condividono i vestiti: i sufi non indossano abiti monastici. L’architettura? Nemmeno; alcuni maestri induisti ricevono in una casa ordinaria, senza un particolare stile architettonico. L’alimentazione? I sufi mangiano carne, i tibetani ne mangiano poca e gli induisti se ne astengono del tutto. Le cerimonie rituali? Nell’induismo prevalgono certi riti, nel buddhismo tibetano ne ho rilevato altri, mentre nel sufismo non ve ne sono. La realtà comune è lo sforzo per rimanere desti, vigili. Questa è l’essenza che troverete ovunque. Il monaco trappista lotta per vegliare e pregare, quello zen lotta per restare in stato di vigilanza.