Una foglia ha molto da insegnarci
sulla vita e sulla morte

di Thich Nhat Hanh, La pace a ogni passo, Ubaldini, Roma, 1993.

 

Un giorno d’autunno mi trovavo in un parco, assorto nella contemplazione di una bella fogliolina a forma di cuore. Era rossiccia, quasi sul punto di staccarsi dal ramo. Rimasi a lungo in sua compagnia, rivolgendole molte domande. Scoprii che quella foglia aveva fatto da madre all’albero.

 

Di solito pensiamo che l’albero sia la madre delle foglie; ma guardandola capii che anche la foglia è madre dell’albero. La linfa che proviene dal terreno è solo acqua e minerali e non basta a nutrire l’albero. Perciò l’albero la distribuisce alle foglie che trasformano la linfa grezza in linfa raffinata e con l’aiuto del sole e dell’aria la restituiscono all’albero. Ecco perciò che le foglie sono madri dell’albero.

 

Finché la foglia è legata all’albero dal picciolo, la comunicazione fra i due è evidente. Non siamo più legati a nostra madre da un picciolo, ma quando eravamo nel suo grembo ne avevamo uno lunghissimo, il cordone ombelicale. L’ossigeno e il nutrimento che ci occorreva passavano attraverso quel picciolo. Ma il giorno della nostra nascita il picciolo fu reciso e ci siamo illusi di essere diventati indipendenti. Ma le cose non stanno così.

 

 

Dipendiamo da nostra madre ancora a lungo, e a parte lei abbiamo anche molte altre madri. La terra, ad esempio. Siamo uniti alla Madre Terra da una quantità di piccioli. Ci sono piccioli che ci collegano alle nuvole. Se non ci fossero nuvole, non avremmo acqua da bere. Per un buon settanta per cento siamo fatti d’acqua; il picciolo che ci unisce alle nuvole è una realtà tangibile. Si può dire lo stesso del fiume, del bosco, del taglialegna e del contadino. Ci sono centinaia di migliaia di piccioli che ci connettono a tutto quanto è nell’universo, che ci nutrono e assicurano la nostra esistenza. Riuscite a vedere il filo che ci lega? Se voi non foste là, io non sarei qui. Questo è certo. Se ancora non lo vedete, vi prego, guardate meglio; sono sicuro che ci riuscirete.

 

Ho chiesto alla foglia se aveva paura dell’autunno, di veder cadere le sue compagne. E la risposta è stata: “No. Per tutta la primavera e l’estate ho vissuto pienamente. Ho fatto del mio meglio per nutrire l’albero, e adesso una gran parte di me è lì. Questa forma non mi racchiude interamente. Io sono anche l’albero, e una volta tornata alla terra continuerò a nutrirlo. Perciò non mi preoccupo. Quando lascerò questo ramo, volteggiando nell’aria lo saluterò e gli dirò: “Arrivederci a presto”.

 

Quel giorno soffiava il vento; dopo un po’, vidi la foglia abbandonare il ramo e lasciarsi cadere a terra in una danza gioiosa, perché cadendo già si vedeva nell’albero. Era davvero felice.

 

Chinai il capo in segno di rispetto, perché sapevo di avere molto da imparare da quella foglia.

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