Il Rebirthing come Percorso di Crescita

di Giovanna Visini

Nel corso della sua storia il Rebirthing e la respirazione che ne costituisce la tecnica fondamentale, sono stati associati soprattutto alla possibilità di rivivere la propria nascita o al raggiungimento di stati ampliati di coscienza. Questi ultimi potevano riferirsi, senza precise distinzioni, sia alle dimensioni “prepersonali” dell’inconscio collettivo, cioè ai contenuti attinenti alla storia psichica dell’umanità, sia all’inconscio superiore, più propriamente transpersonale o spirituale.

Nessuna delle due visioni permette di comprendere in modo adeguato la complessità, la profondità e l’efficacia terapeutica di quel viaggio di integrazione della personalità e di autoconoscenza che il Rebirthing Transpersonale permette di intraprendere.

Propongo quindi di utilizzare, come referente teorico, la metafora del “percorso di crescita” che permette di includere in una visione dinamica ed evolutiva le molteplici esperienze che emergono nelle sedute. Il cammino, il percorso, parte dal luogo e dal momento in cui la persona si trova e si inoltra per territori non prestabiliti che si rivelano nel corso delle sedute, secondo tempi e modi spontanei e adeguati alle esigenze di chi si rivolge a questo metodo. Il termine crescita si riferisce al potenziale evolutivo di ciascuno di noi, alle intrinseche capacità e risorse che ogni essere umano ha in se stesso e che tendono sempre a un’espressione più completa, creativa, autonoma delle proprie potenzialità, di chi si è veramente, aldilà dei condizionamenti e delle risposte difensive ai vari eventi e sofferenze della vita.

Si tratta, dunque, di un contesto interpretativo molto flessibile e che si adatta facilmente sia ai bisogni di chi è alla ricerca di soluzione e sollievo per i propri disturbi psicosomatici ed esistenziali, sia ai vissuti che emergono nelle sedute e che possono provenire da diverse “aree” dell’organismo bio-psico-spirituale, senza la rigidità di voler imbrigliare le esperienze perché si adattino a uno schema precostituito.

Il percorso di crescita è un cammino di trasformazione, un viaggio che ci porta in contatto con il nucleo più profondo di noi stessi. Il tema del viaggio è un archetipo che accompagna da sempre l’umanità, da Ulisse a Dante, dalla ricerca del Graal al viaggio sciamanico e iniziatico di morte e rinascita, dal simbolismo alchemico alle fiabe e alla letteratura. Durante qualsiasi viaggio una mappa è necessaria per orientarsi. Sappiamo che le mappe non sono il territorio, per questo devono essere flessibili, devono essere spesso ridefinite, aggiornate, ridisegnate, man mano che il territorio reale si rivela e si dispiega davanti ai nostri occhi. Man mano che diventiamo più capaci di percorrerlo e di decifrarlo.

Nell’utilizzare questo schema di riferimento (il percorso, il viaggio, il cammino) possiamo avvalerci di validi modelli di evoluzione della coscienza che ci consentono di precisare meglio i contorni di quello che incontriamo e d’inquadrare (e quindi integrare) le esperienze molteplici che si schiudono quando la respirazione, praticata nel Rebirthing, apre l’accesso alle varie dimensioni della coscienza. Mi riferisco in particolare ai modelli (simili) elaborati da Ken Wilber e dalla Psicosintesi di Roberto Assagioli.

K. Wilber parla di uno sviluppo dalla dimensione prepersonale (che include in gran parte l’inconscio collettivo archetipico studiato da C.G. Jung), alla dimensione personale e al transpersonale. R. Assagioli, suddivide il suo modello della psiche (l’ovoide assagioliano; vedi sotto la figura) in inconscio inferiore, inconscio medio e inconscio superiore con l’inconscio collettivo (inteso come la psiche di massa, in un senso che lo differenzia parzialmente da Jung) che circonda l’ovoide con cui è in continua osmosi.

Inoltre, quest’approccio considera fondamentale dare attenzione ai temi psicodinamici e alla realizzazione di una psicosintesi personale intorno al centro dell’Io, pur mantenendo costantemente la visione dell’essere umano come un Sé spirituale (la sorgente dell’Io). Questa visione è la bussola che guida, come la stella cometa dei Magi, verso il dischiudersi della dimensione superconscia e verso una psicosintesi transpersonale. Anche Wilber insiste nel vedere il livello dell’io e il senso di identità e di consapevolezza individuale come tappe essenziali dell’evoluzione della coscienza: dalla unione Io/Universo inconscia e prepersonale, all’identità personale separata, all’unione conscia Io/Universo transpersonale.

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Da quanto precede e ai nostri fini, ci interessa sottolineare due aspetti importanti che costituiscono una guida imprescindibile per orientarci sul nostro percorso: il primo è la distinzione tra inconscio inferiore o prepersonale e inconscio superiore o transpersonale.

Nell’inconscio inferiore, seguendo Assagioli, troviamo: la coordinazione delle funzioni fisiologiche, tendenze e impulsi primitivi, molti complessi psichici a forte tonalità emotiva che sono resti del passato prossimo o remoto, individuale, ereditario e atavico, manifestazioni morbose come fobie, pensieri ossessivi, ecc. e anche facoltà parapsicologiche spontanee e non dominate.

Nella dimensione transpersonale, che, come dice Wilber, si riferisce al futuro evolutivo dell’essere umano e non al suo passato, risiedono, allo stato latente o potenziale, le energie superiori dello Spirito e i poteri supernormali di tipo elevato. Da esso provengono anche le intuizioni e le ispirazioni superiori, gli imperativi etici, gli slanci altruistici.

L’altro aspetto che ci interessa si riferisce all’importanza che è necessario attribuire alla risoluzione delle problematiche che attengono alla sfera personale, al superamento degli aspetti conflittuali e al raggiungimento di una soddisfacente integrazione dei vari aspetti della personalità e di una sufficiente autonomia psicologica, anche in presenza di un’apertura verso la sfera transpersonale.

Questo ben si integra con la visione wilberiana (non presente in modo esplicito e dettagliato  nella Psicosintesi) che distingue i livelli o stadi di evoluzione della coscienza dagli stati di coscienza, e in particolare dagli stati ampliati, in cui si entra in contatto con dimensioni non personali, sia prepersonali sia transpersonali, questi ultimi spesso chiamati “esperienze delle vette” (peak experiences).

Dice Wilber:

“Ci sono differenti stati di coscienza. Stati ordinari, stati alterati, stati meditativi, stati ipnotici, stati di sogno, stati sciamanici, stati senza forma, stati non duali, stati ipnagogici, stati prodotti dalla sincronizzazione delle onde cerebrali, esperienze di vetta, stati di flusso (flow states), stati risvegliati. (…)  Differenti stati di coscienza dischiudono mondi del tutto differenti, e l’esplorazione di questi mondi differenti è cominciata. Poiché la maggior parte degli stati di coscienza e delle esperienze di vetta sono variazioni dei tre o quattro stati naturali di veglia, sogno, sonno profondo senza sogni e unità, essi sono stati spesso raggruppati in quelle quattro categorie generali e chiamati: stati grossolani (veglia), sottili (sogno), causali (senza forma) e non duali (unità).

Oltre agli stati di coscienza, ci sono gli stadi di coscienza. Qual è la differenza? Gli stati sono temporanei, gli stadi sono permanenti. … Gli stadi (o livelli) sono il modo in cui l’evoluzione catapulta tutti i fenomeni fuori dal caos verso sfere di sempre maggior organizzazione e inclusione. Un esempio semplice e chiaro: dagli atomi alle molecole alle cellule agli organismi. Ognuno di essi è uno stadio, e ogni stadio trascende e include gli stadi precedenti, così che l’evoluzione si presenta come una serie di sfere “annidate”, incluse, una nell’altra, o oloni – un tutto che è parte di un tutto più grande, e questo, a quanto pare, all’infinito. Quindi l’evoluzione presenta una sua intrinseca direzionalità, dagli atomi alle molecole alle cellule: non troverete mai molecole che emergono prima degli atomi, o cellule prima delle molecole. Non si conoscono eccezioni in nessuna parte dell’universo, quindi “stadi”, “evoluzione” e “crescita” sono di fatto sinonimi.”

(Tratto dall’Introduzione a “The Translucent Revolution” da me tradotta; vedi sito).

(…)

“Qual è l’esatta natura di questi livelli nella psiche umana? Essi sono fondamentalmente, livelli di coscienza, che sembrano estendersi lungo l’intero spettro della coscienza stessa, dal subconscio, al conscio al superconscio. Questo spettro globale della coscienza è ben conosciuto dalle più importanti tradizioni di saggezza del mondo, dove una versione di esso appare come la Grande Catena dell’Essere che, viene affermato, spazia dalla materia al corpo alla mente all’anima e allo spirito. Grande Catena è, forse, una definizione non del tutto appropriata. Non si tratta, infatti, di una catena lineare, ma di una serie di sfere racchiuse una nell’altra: viene detto che lo spirito trascende ma include l’anima, che trascende ma include la mente, che trascende ma include il corpo, che trascende ma include la materia. In accordo con questa visione, è più accurato utilizzare la definizione “Grande Campo dell’Essere”.

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Io utilizzo spesso nove o dieci livelli di base o onde della coscienza (che sono variazioni di materia, corpo, mente, anima e spirito), poiché le prove suggeriscono che queste onde di base sono ampiamente universali o generalmente simili nelle loro caratteristiche profonde dovunque esse appaiano (per esempio, la mente umana, in qualsiasi luogo appaia, ha la capacità di formare immagini, simboli e concetti. I contenuti di queste immagini e simboli variano da cultura a cultura, ma la capacità in quanto tale è universale. …. Si assume che i processi psicologici di base siano comuni alla specie, caratteristiche umane condivise, ma che la cultura introduca delle variazioni in queste similarità basiche sottostanti).”

(Tratto dalla mia traduzione di un testo di K.Wilber: “Lineamenti di una Psicologia Integrale”; vedi sito.)

Le problematiche di tipo psicosomatico e psicodinamico, le tematiche legate al trauma della nascita e i contenuti relativi all’inconscio collettivo attengono essenzialmente ai livelli che Wilber chiama materia, corpo/vita e mente. Le aspirazioni transpersonali attengono naturalmente ai due livelli di anima e Spirito. Ricordiamo che, nell’approccio integrale, la dimensione spirituale non è soltanto un livello più elevato o più profondo da raggiungere, ma anche il fondamento e il presupposto sempre presente dell’intera evoluzione e della coscienza. Nella Psicosintesi, il Sé è la sorgente dell’Io ed è l’autore del progetto esistenziale.

Se pur non in modo lineare, anzi spesso con un movimento a spirale, nel Rebirthing si dipana un cammino che ha come prima tappa quella di una necessaria riorganizzazione, integrazione o superamento di sensazioni, emozioni, impulsi, desideri, complessi, subpersonalità, schemi mentali obsoleti e preconcetti su se stessi e sul mondo, condizionamenti subiti e interiorizzati che tiranneggiano la coerente espressione della personalità e delle proprie potenzialità. La progressiva disidentificazione da questi contenuti psichici consente l’autoidentificazione con quel centro dotato di volontà e consapevolezza che è l’Io.

Diventa, allora, possibile scoprire un nuovo senso di identità e dare un nuovo e più profondo significato alla nostra esistenza. Pur accettando i nostri limiti, riconosciamo anche che abbiamo la possibilità di scegliere. Emerge una maggiore assunzione di responsabilità che ci aiuta a diventare “soggetti” della nostra vita, o come dice la Psicosintesi a “co-creare” la nostra vita e non più sentirci come esseri passivi, spettatori impotenti o addirittura vittime, che credono di essere completamente in balia dei vissuti interiori e delle condizioni esteriori.

Nel Rebirthing Transpersonale intraprendiamo un cammino attraverso la “selva oscura” della confusione, dell’ansia, del panico, dell’incapacità di fare scelte, dell’insicurezza, del sentirsi inadeguati, della vergogna, del senso di colpa, ecc.. Queste sensazioni, emozioni, pensieri li percepiamo meglio, li circoscriviamo, ne delineiamo la storia. Quello che prima sembrava sopraffarmi, adesso posso osservarlo da una certa distanza. Cominciamo a percepire il centro della coscienza, l’Io, e, approfondendo il processo, la luminosa sorgente transpersonale, il Sé. La psicosintetista A. M. Finotti in un brano (disponibile sul mio sito) intitolato “La Metafora della Via” parla di una progressiva trasformazione che avviene in noi, sul cammino di crescita, da vagabondi confusi e trascinati dagli eventi, in viandanti sul cammino, in pellegrini verso una meta e poi, quando si apre il cuore, in servitori della vita e degli altri esseri.

La disidentificazione, pietra miliare della Psicosintesi, con la respirazione avviene in modo semplice e naturale: sono l’io che respira e allo stesso tempo sento l’emozione salire, il vissuto emergere: sono, ad esempio, quel bambino o quella bambina non visti, non abbastanza amati, non riconosciuti, sono quel ragazzo o quella ragazza impauriti che si consideravano brutti e inadeguati, sono quell’adulto che ha vissuto una perdita, che non ha superato separazione e lutto, fallimento e delusione.

Le situazioni emotive non integrate rimangono nel nostro inconscio e ci influenzano, anche se non ne abbiamo il ricordo o le abbiamo razionalizzate. Quel bambino o quella bambina sono ancora con noi, con le loro paure, con la loro fame d’amore, con le loro richieste insoddisfatte. Diventano delle vere “subpersonalità”. E nelle sedute di Rebirthing, non importa l’età della persona, emerge spesso insieme al pianto quell’invocazione sconsolata che abbiamo serbato dentro di noi per anni: “Mamma, dove sei?” Oppure, in un insight folgorante, ci appare chiaro quello schema di comportamento che ci ha condizionato da sempre. Vederlo significa iniziare a disidentificarci e quindi a non esserne più condizionati. Comincia a sciogliersi la rigidità di un comportamento stereotipato, non adatto, inefficace, diventiamo più flessibili e possiamo cambiare la nostra visione della realtà.

Quel modello di comportamento poteva, per esempio, rispondere a un certo tipo di messaggio ricevuto dai genitori in modo esplicito o non verbale che l’Analisi Transazionale (AT) ha schematizzato nei cinque “messaggi spinta”: sii perfetto, sii forte, sforzati, sbrigati, compiaci. A questi potremmo aggiungere quelle che l’AT  chiama “ingiunzioni”: non crescere, non riuscire, non essere te stesso, non sentire, non pensare, non riuscire, non essere un bambino, ecc. Il bambino o la bambina interiorizzano questi messaggi e cercano di adeguarsi, di rispondere e corrispondere con gli strumenti esigui a loro disposizione. Sanno intuitivamente che solo così saranno accettati, amati e potranno… sopravvivere.

In una seduta un uomo rivive la scena: la madre è malata, è malata da tanto tempo, lui è lì, bambino, vicino a lei, la guarda, lei non lo guarda, concentrata su se stessa. Si sente solo, piange nella seduta. E dà voce a quella che era la sua emozione di allora, la esplicita, la rende intellegibile : “Mamma, voglio che stai bene, che tu sia felice. Sarò forte, me la caverò da solo, sarò bravo, sarai contenta di me.” Ora è chiaro cosa c’è alla base di quel suo modo di sentire la vita come un’immane fatica. Sempre troppo responsabile, aveva negato le sue esigenze e i suoi bisogni, si era sempre fatto carico di tutto e di tutti. Portava il mondo intero sulle su spalle. Il risultato è la tensione permanente, l’insonnia e l’ansia che lo sveglia nel cuore della notte come una mano che gli stringe il collo e non lo fa respirare, gli occhi smarriti nel buio.

La potenza della respirazione (riconosciuta dai tempi più antichi in tutte le tradizioni orientali e occidentali) è tale che riattiva quelle aree del nostro corpo-mente che ci “trasportano” letteralmente in quelle situazioni, così che possiamo finalmente integrare quei vissuti e pacificare il nostro passato. Non c’è solo una comprensione razionale, ma uno scioglimento di quel nodo intricato fatto di tensioni fisiche, emozioni, pensieri, idee, alla luce di una consapevolezza che può integrare il passato e, finalmente, chiudere le porte che vanno chiuse.

E’ stato detto che  il Rebirthing è una forma di “meditazione” adatta agli Occidentali. In effetti, porta rapidamente a risultati che certamente si avvicinano a quelli della meditazione prolungata, proprio perché accelera la presa di distanza dai contenuti interiori, sempre cangianti e spesso caotici, e ci fa sperimentare quel centro di “pura consapevolezza” che è anche la meta della Psicosintesi. Progressivamente si consolida la dimensione transpersonale del “testimone”.

In quello stato le dimensioni si ampliano, non più impauriti e contratti, non più barricati dietro le strutture difensive che abbiamo eretto e che ci fanno rifiutare ciò che accade, diventa allora possibile per noi l’apertura alla dimensione trascendente, poiché diventiamo capaci di collaborare con la vita. Superiamo i confini fittizi che abbiamo creato e ci hanno relegato in un luogo così angusto che non possiamo più respirare. Tutto può essere, allora, un’occasione di crescita e di conoscenza, non siamo più attaccati a ciò che ci dà sicurezza e che amiamo, non rifuggiamo più, come prima, ciò che temiamo e ci fa soffrire. Nella nostra accresciuta capacità di accettare ciò che è, ci sentiamo parte di un Tutto più vasto, la nostra volontà si allea a una Volontà più grande, la nostra musica ritrovata si accorda alla grande sinfonia dell’Universo.

E’ evidente che se una persona decide di avvicinarsi  a questo metodo per risolvere malesseri e disagi fisici e psicologici, saranno necessari l’accoglienza e l’ascolto empatico che riconoscono, in prima istanza, lo stato di sofferenza della persona senza negarlo o minimizzarlo; segue l’accompagnamento e l’integrazione delle tensioni, resistenze e blocchi fisici, emotivi e mentali che emergono nelle sedute. Successivamente, proprio a partire dallo stato di pace interiore, gioia, ottimismo e  benessere psicofisico che si può manifestare fin dalla prima seduta, si potrà riflettere insieme sul significato dei due stati differenti sperimentati, le onde tumultuose del funzionamento psicofisico e la calma incommensurabile della profondità dell’essere.

Un aspetto importante da richiamare qui è quella caratteristica dell’inconscio studiata  da S. Grof (lo psichiatra cecoslovacco che opera in America e che, dopo aver utilizzato per anni l’acido lisergico o LSD, ha creato il metodo, simile al Rebirthing, chiamato Respirazione Olotropica). Egli ha dimostrato che l’inconscio tende a conservare i ricordi dei nostri vissuti, antichi e recenti, assemblandoli in “pacchetti” che hanno lo stesso tipo di tonalità emotiva o lo stesso tema in comune. Grof usa il termine di sistemi COEX, cioè “sistemi di esperienze compresse”.

Questo significa che se, per esempio, noi abbiamo una serie di esperienze che hanno un tema o un tipo di emozione in comune, come sentirci umiliati, sentirci incapaci, senso di colpa, rabbia, ecc., queste tendono ad aggregarsi nell’inconscio con altre esperienze simili, stratificandosi (qualcosa di simile sia ai “complessi” junghiani che alle subpersonalità della Psicosintesi). Nelle sedute assistiamo spesso all’emersione dei vari elementi che compongono un sistema COEX e che appartengono a diverse epoche della vita. Nel corso del tempo si sono sempre più energizzati rafforzandosi. Districare il viluppo è fondamentale al fine di liberare la personalità dalla presa e dal controllo esercitato da questi meccanismi inconsci.

Grof ha anche dato un enorme contributo all’elaborazione di una cartografia della coscienza capace di inquadrare le molteplici esperienze che vengono vissute grazie al potere della respirazione e che possono provenire da molte zone differenti di questo continente infinito che è la psiche umana. Egli ha anche analizzato  quell’evento fondamentale nella vita di ciascuno di noi, e troppo a lungo trascurato dalla psicologia, che è la nascita, descrivendo in modo dettagliato le quattro “matrici perinatali” che corrispondono alle quattro fasi principali del processo della nascita.

Nel Rebirthing si rivive spesso la propria nascita e questa rappresenta una delle esperienze più significative e efficaci dal punto di vista terapeutico che avvengono grazie alla respirazione sul percorso di crescita. Questo non significa, come a volte si sostiene, che tutti i vissuti che emergono nelle sedute debbano essere fatti risalire a una delle fasi della nascita, compresi quelli che hanno un carattere chiaramente transpersonale. La natura regressiva di questa concezione è stata anche sottoposta a un esame critico da Ken Wilber nel suo libro The Eye of Spirit e attiene a quella confusione tra prepersonale e transpersonale che può essere molto dannosa quando si opera in questo campo. (Ho sviluppato questo argomento nell’articolo pubblicato sul mio sito: “Il Rebirthing e il Trauma della Nascita”).

Avviene anche, naturalmente, che emergano ricordi ed emozioni positive. A una signora è accaduto di rivivere, con una fortissima emozione, la scena di lei neonata in braccio alla mamma, ne sentiva il calore e l’odore, vedeva la stanza e come era illuminata dal sole che entrava dalla finestra aperta. Era una sensazione di grande felicità, bellissima e commovente (la madre è morta qualche anno fa). Ma come sono possibili queste straordinarie esperienze?

La neurologia e la neurofisiologia, a partire dal grande neurologo canadese W. Penfield (morto nel 1976), ha dimostrato che l’origine di queste esperienze è localizzata nei lobi temporali. Mediante una stimolazione elettrica (stereotassi) dei punti della corteccia corrispondenti, quando in occasioni di interventi chirurgici, essa veniva esposta in pazienti pienamente coscienti, egli riusciva a “evocare” all’istante quelle che ancora venivano definite “allucinazioni” di melodie, persone e scene che venivano esperite, vissute come se fossero assolutamente reali, in uno stato di doppia coscienza.

Penfield spiegava questa “doppia coscienza” come, da una parte, uno stato di coscienza quasi-parassitario (stato di sogno) e, dall’altra, resti di coscienza normale. Egli dimostrò che si tratta sempre ricordi reali, quanto mai precisi e vividi, accompagnati dalle stesse emozioni che avevano accompagnato le esperienze originarie. Egli ipotizzò che il cervello contenesse la registrazione quasi perfetta di tutte le esperienze della vita, che l’intero flusso di coscienza fosse conservato nel cervello e potesse essere sempre evocato.

Oltre a questo, al fine di spiegare fenomeni non immediatamente riconducibili al funzionamento cerebrale e fisiologico, dobbiamo tenere conto di un altro grande campo di ricerca e conoscenza cui, in questo contesto, posso solo accennare. Mi riferisco alle nostre concezioni sulla mente e sulla materia. Noi siamo ancora condizionati a pensare in termini newtoniani. Consideriamo, cioè, lo spazio come vuoto e distinto dagli oggetti che lo abitano, l’universo e gli esseri umani come meccanismi misurabili, gli atomi come mattoni che formano gli oggetti, i fenomeni determinati sempre e comunque dalla legge di causa ed effetto. Ma la fisica moderna ha rivoluzionato questo visione: non parla più di esistenza o non esistenza delle particelle subatomiche, ma di tendenza a esistere, non si parla di evento ma di tendenza all’evento. Non si parla di materia solida ma di onde di probabilità. Il modello dello scienza dell’osservatore esterno (il “fantasma nella macchina”), il soggetto, cioè, che osserva la realtà come se non ne facesse parte, ha lasciato il posto alla consapevolezza che l’osservatore è parte integrante di ciò che osserva e contribuisce a configurarlo.

Oggi il cosmo è percepito come un campo continuo di densità variabile e non come una serie di entità separate da spazi vuoti. Per la fisica moderna la materia è intercambiabile con l’energia, la teoria della relatività ha rivoluzionato i concetti di spazio e tempo. La coscienza diventa parte integrante del tessuto universale e non si limita alle attività che avvengono nella nostra testa. G. Bateson, il famoso biologo e antropologo inglese, diceva che la mente non è soltanto un attributo umano, ma una caratteristica della natura. Nella sua sintesi di varie discipline come la cibernetica, l’informazione, la teoria dei sistemi, la psicologia, l’antropologia e altre ancora, ha messo in evidenza che la mente e la natura formano un’unità indivisibile.

La visione integrale di K. Wilber, ci fa comprendere come la coscienza costituisca l’intrinseca interiorità di qualsiasi fenomeno e di come sia necessario considerare i vari livelli evolutivi della coscienza in forma intimamente connessa con l’evoluzione degli altri aspetti, l’evoluzione della materia, l’evoluzione biologica, culturale e socio-economica. Un suo  fondamentale contributo è stato l’integrazione della comprensione orientale del Grande Campo dell’Essere con la conoscenza occidentale circa i processi evolutivi, sintetizzati nel suo modello dei Quattro Quadranti.

[Nella  figura i livelli materia, vita, mente, anima, spirito sono inseriti sui quadranti che schematizzano l’evoluzione dei quattro aspetti fandamentali dell’Universo, coscienza individuale (io), coscienza plurale intersoggettiva (noi), realtà esterna individuale (ciò) e sociale (essi)].

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In un Universo visto come un gigantesco campo universale, non ci sono confini reali, tutte le parti sono interdipendenti e tutto è in contatto con tutto. Anche noi esseri umani non siamo entità separate e statiche, ma processi in divenire immersi in un cosmo in movimento che tende evolutivamente verso una sempre maggiore integrazione e trascendenza.

Tutto l’Universo, come ci spiega K. Wilber, ha una direzionalità nel senso di una crescente complessità dove complessità è sinonimo di coscienza. Dalla materia, alla vita, alla mente, all’anima, allo Spirito, c’è un progressivo  aumento di complessità e di coscienza.. Nell’essere umano questa direzionalità si esplicita nell’aspirazione al benessere psicofisico che è, a sua volta, espressione dell’aspirazione più profonda a sentirsi interiormente “unificati”, a sentirsi e essere finalmente se stessi. Diventare se stessi è la bussola che guida tutta la Psicologia Umanistico-Esistenziale.

Il Rebirthing Transpersonale (la Scuola e l’Associazione sono state fondate da F. Falzoni Gallerani) si inserisce nel grande filone della Psicologia Umanistico-Esistenziale. Esso integra, inoltre, molti contributi che vengono dalle tradizioni filosofiche e spirituali dell’Oriente e dell’Occidente e ha come principale riferimento teorico l’opera di Ken Wilber.

Un precursore della nuova visione dell’essere umano come tendente a realizzare potenzialità che andavano oltre l’Io e la consapevolezza di tipo egoigo-razionale (in senso wilberiano), è stato C. G. Jung la cui psicologia analitica ha uno dei suoi fondamenti nel “processo di individuazione”. C. Rogers, uno dei padri della Psicologia Umanistica, parla di “tendenza attualizzante” nell’essere umano, la Gestalt afferma che l’organismo umano funziona per crescere e autorealizzarsi, Wilber chiama questa spinta, Eros. Abraham Maslow nella sua gerarchia evolutiva dei bisogni insegna che dopo i bisogni fisiologici, di sicurezza e protezione, di appartenenza, di stima e prestigio, ci sono il bisogno di autorealizzazione, cioè la realizzazione della propria identità, di una  personalità armonica, coerente e autonoma, e infine il bisogno di autrascendenza che apre verso la dimensione spirituale.

Spesso i sintomi, il malessere psicosomatico e il disagio interiore sono segnali che ci avvertono che qualcosa è profondamente disarmonico in noi, che forse stiamo trascurando un aspetto importante a cui non abbiamo finora potuto permettere di esprimersi, o forse non stiamo ascoltando la voce del nostro daimon, per usare l’espressione di J. Hillman, che ci sussurra che abbiamo dimenticato il nostro progetto esistenziale e che è necessario rimetterci in cammino, cercare la strada maestra, intraprendere un cambiamento importante nella nostra vita.

Una signora che soffriva di attacchi di panico era una professionista di successo che aveva dedicato tutto il suo impegno alla carriera professionale, avendo interiorizzato il tacito monito del padre a diventare come lui e non come la madre verso cui non manifestava una grande considerazione. Alla soglia dei quarant’anni gli attacchi di panico le stavano segnalando che c’era un problema. Da dove veniva quella paura, quel senso di smarrimento, quella vertigine? Cosa la faceva ansimare alla ricerca di aria con il cuore che sembrava volesse uscire dal petto?

Nel corso delle sedute emerge progressivamente la consapevolezza che nell’abbracciare e identificarsi in modo così totale al modello maschile e paterno di riuscita sociale si era allontanata da ciò che credeva che la madre rappresentasse, cioè passività, mancanza di ambizione, incapacità, poca intelligenza. Aveva, oltre tutto, esteso questo giudizio negativo alla femminilità in generale. Lei aveva negato il suo stesso essere donna e  la possibilità di un’espressione più vera e genuina di se stessa.  Una revisione, una conversione non era più rimandabile. Iniziò così il suo percorso di crescita che la portò a ritrovare anche la sua creatività artistica e, cosa per lei molto importante, a riavvicinarsi alla madre.

Una più genuina e autonoma espressione di se stessi è un risultato importante raggiunto sul percorso di crescita. A volte, in quel momento della vita di una persona,  questo è sufficiente; a volte invece nel corso del viaggio si sono aperte possibilità di altro tipo. E’ sorta un’aspirazione che non si accontenta delle realizzazioni nella sfera personale. La domanda “Chi sono io?” vuole spingersi più avanti, più in alto.

Questo avviene anche perché, come abbiamo detto, in ogni momento è possibile nelle sedute avere esperienze che attengono alla sfera transpersonale e spirituale e queste attivano la spinta verso la trascendenza di cui abbiamo parlato. Si tratta  di stati e non di stadi, perché non sono stabilizzati; solo la pratica prolungata di tecniche e metodi adatti e il continuo lavoro su di sé permette di consolidare in veri e propri livelli di coscienza l’emersione di queste dimensioni più profonde o più elevate. Esse esprimono il potenziale evolutivo che non è ancora diventato patrimonio dell’insieme dell’umanità, ma solo da un certo numero di individui (Wilber la chiama “l’avanguardia evolutiva”) che, nella nostra epoca, sembra stiano diventando, per nostra fortuna, sempre più numerosi. (Sul tema dei livelli di coscienza che sono ormai accessibili a tutti i bambini che nascono, e sui livelli che invece non sono ancora diventati “abitudini dell’Universo”, vedi sul mio sito varie traduzioni di scritti di K. Wilber, e i dialoghi con A. Cohen.)

Pur nella loro temporaneità, l’emersione di stati transpersonali di coscienza, in particolare lo stato del “testimone”, costituiscono una delle esperienze più profondamente trasformative e acceleratrici del processo di crescita. Innanzitutto confermano l’esistenza di sfere che trascendono l’Io e la storia personale, fanno sperimentare condizioni di pace, di gioia e di amore mai provate, aiutano a intravedere un significato diverso da dare alla nostra vita, meno superficiale e legato alla risoluzione delle contingenze quotidiane, permettono di percepire la nostra vicenda umana come strettamente connessa a Tutto più ampio che si manifesta come buono, vero e bello; contribuiscono a integrare gli opposti come se, guardando da una prospettiva più ampia, cogliessimo l’insieme del paesaggio e ci rendessimo conto che luce e ombra sono entrambe necessarie per l’armonica tessitura dell’Universo. In questi stati possono sorgere intuizioni che illuminano i problemi della nostra vita mostrandoci la soluzione o anche l’irrilevanza di quello che ci era sembrato un ostacolo insormontabile; possiamo ricaricarci di positività, senso dell’umorismo, ottimismo ed energia per affrontare la vita con più accettazione, comprensione e compassione.

Al fine di orientarci meglio sul nostro percorso di crescita oltre la sfera personale, è fondamentale introdurre qualche elemento in più circa quello che viene definito genericamente “transpersonale” e, nella Psicosintesi, Superconscio. Poiché anche questo è un territorio che ha bisogno di una mappa.

Ken Wilber ha identificato quattro principali stati di coscienza traspersonale e le esperienze che emergono con la respirazioni possono attenere all’uno o all’altro di essi: lo stato psichico è un tipo di misticismo della natura, in cui gli individui riferiscono un’esperienza fenomenologica di essere uno con l’intero mondo naturale e sensoriale; (per esempio, Thoreau, Whitman). E’ chiamato “psichico”, non perché vi accadano eventi paranormali – anche se esistono prove che questo succede – ma perché sembra che vi sia una comprensione accresciuta del fatto che ciò che appare come un mondo puramente fisico è di fatto un mondo psicofisico, dove le capacità consce, psichiche o noetiche fanno intrinsecamente parte del tessuto dell’universo, e questo spesso risulta in una concreta esperienza fenomenologica di unità con il mondo naturale.

Lo stato sottile è un tipo di misticismo della divinità, in cui le persone riferiscono l’esperienza di essere uno con la fonte o il fondamento divino del mondo naturale sensoriale (per esempio, S.ta Teresa d’Avila, Hildegarda di Bingen). Lo stato causale è un tipo di misticismo senza forma, in cui emerge l’esperienza della cessazione, o immersione nella coscienza non manifesta e senza forma (per esempio, Meister Eckhart). Lo stato non duale è un tipo di misticismo integrale che è sperimentato come l’unione di manifesto e non manifesto, o l’unione di Forma e Vuoto (per esempio, Sri Ramana Maharshi).

Wilber ha mostrato che ogni grande stato di coscienza può contenere molte differenti livelli di coscienza. Questi livelli, coprono l’intero spettro evolutivo, e corrispondono a molti di quei livelli o stadi che sono stati studiati in modo approfondito dagli psicologi evolutivi occidentali, come gli stadi dello sviluppo cognitivo, morale, dell’ego.

Riconoscere la differenza tra stati di coscienza e strutture/livelli di coscienza ci permette di capire in che modo una persona, a qualsiasi stadio di sviluppo, possa nondimeno avere una profonda “esperienza delle vette” di stati più elevati e transpersonali. Tuttavia, i modi in cui le persone fanno esperienza e interpretano questi stati e dimensioni più elevati dipenderà largamente dal livello (o struttura) del loro sviluppo.

Wilber spiega come segue la relazione tra stati e stadi:

“Sembra che tutte le strutture della coscienza si dispieghino generalmente in una sequenza evolutiva o a stadi, e, come sostengono praticamente tutti gli studiosi dei processi evolutivi, gli stadi in quanto tali non possono essere saltati. Per esempio, nella linea cognitiva, troviamo gli stadi sensorio/motorio, preoperativo, operativo concreto, operativo formale, visione-logica o pensiero integrale, ecc. I ricercatori concordano in modo unanime che nessuno di quegli stadi può essere saltato, perché ognuno incorpora i suoi predecessori nella sua stessa costituzione (così come le cellule contengono le molecole che contengono gli atomi, e non si può passare dagli atomi alle cellule saltando le molecole).

Ma i tre grandi stati (di veglia, sogno e sonno profondo) rappresentano dimensioni o regni generali di essere e conoscenza cui è possibile accedere praticamente in ogni stadio di sviluppo – per la semplice ragione che l’individuo veglia, sogna e dorme, anche nel periodo prenatale. Quindi, gli stati di coscienza grossolano, sottile e causale (e non duale) sono disponibili qualunque sia il livello di coscienza.

Le prove attestano che, generalmente in caso di prolungate pratiche contemplative, una persona può convertire questi stati temporanei in tratti o strutture permanenti, che significa che essi hanno accesso a queste grandi dimensioni in un modo più o meno continuo e conscio. (…) Quelle grandi dimensioni (psichica, sottile, causale, non duale) non sono più sperimentate semplicemente come stati, ma sono invece diventate modelli o strutture della coscienza permanentemente disponibili – e questa è la ragione per cui, quando esse diventano una competenza permanente, il termine usato è quello di livello/stadio (struttura o onda) psichico, sottile, causale e non duale. L’uso di questi quattro termini (psichico, sottile, causale, non duale) può coprire sia le strutture/stadi sia gli stati. (…)

Lo sviluppo integrale o complessivo è, quindi, un processo continuo di conversione di stati temporanei in tratti o strutture permanenti, e in questo sviluppo integrale, non è possibile evitare nessuna struttura o livello, o non vi sarà, per definizione, sviluppo integrale.”

(Queste citazioni si riferiscono ad alcune parti liberamente estrapolate dalla mia traduzione del testo di Wilber: “Lineamenti di una Psicologia Integrale”, disponibile sul mio sito.)

E’ importante familiarizzarci con questi concetti perché esiste ormai un’ampia letteratura, e Wilber ne è l’esponente più autorevole, che può aiutarci a comprendere meglio lo sviluppo della coscienza, integrando la sfera transpersonale come una dimensione disponibile, anche se potenziale, per tutti gli esseri umani. La possibilità di evoluzione non si arresta al livello dell’Io, della visione razionale o anche integrale, ma può aprirsi verso nuovi continenti, ancora inesplorati per i più, in cui possiamo cominciare a inoltrarci grazie a tecniche e metodi che contemplano questi territori nelle loro mappe e che ne fanno lo sfondo necessario e la meta, più o meno esplicita, di ogni percorso di crescita.

C. G. Jung diceva, da vero pioniere, spesso mal compreso: “la sofferenza è dovuta a un ristagno spirituale, a una sterilità psichica …fede, speranza, amore e conoscenza è ciò di cui  ha bisogno il paziente per vivere … nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso”. Negli ultimi decenni, grazie al contributo di tante ricerche, studi, tecniche, pratiche e metodi che integrano discipline occidentali e saggezza orientale, questa visione è diventata patrimonio di un crescente  numero di persone che operano nel campo dell’ascolto, dell’accompagnamento e della cura del disagio fisico e psichico, come anche nel campo della crescita personale.

Tuttavia, come è evidente per chiunque sia coinvolto su un cammino spirituale, la dimensione transpersonale, pur essendo sempre presente e accessibile, è anche difficile da raggiungere stabilmente. Sul percorso di crescita è necessario un atteggiamento rigoroso, non semplicistico e approssimativo. Non basta aver sperimentato un’esperienza delle vette per dirsi “realizzato”. La trasformazione profonda della coscienza, il raggiungimento stabile di livelli più elevati sul piano della consapevolezza richiedono coraggio, impegno e dedizione. E’ un percorso arduo sul quale dobbiamo verificare costantemente i nostri sentimenti, la nostra capacità di accettazione di noi stesi e degli altri, la nostra gentilezza compassionevole, la pace che proviamo nel nostro cuore. Il metro della nostra crescita è la nostra sempre maggiore capacità di essere in contatto con il centro della nostra personalità, che, nel silenzio della disidentificazione, è chiaramente percepito come il riflesso luminoso e trasparente della nostra anima spirituale.

Metterci in cammino, o meglio sentirci in cammino, costituisce di per sé un cambiamento radicale nella nostra visione di noi stessi e della Vita. E soltanto dopo un lungo viaggio ci è permesso scoprire  che non ci siamo mai mossi, che siamo da sempre quello che abbiamo cercato, che il tempo è solo il momento presente senza tempo,  la meta è il luogo da dove siamo partiti.

“Come un cielo terso non ha confini,

Tuttavia è proprio QUI, sempre sereno e limpido.

Quando tenti di raggiungerlo, non riesci a vederlo.

Non puoi possederlo,

Ma neppure perderlo.”

(Yung-chia)

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