Milano 18 marzo 2012
La trascendenza è stata a lungo definita come un processo di dis-identificazione. E agli studenti di meditazione era di fatto insegnato a dis-identificarsi con qualsiasi “io o me o mio” si manifestasse. Ma il secondo fatto è che nella patologia, vi è una dis-identificazione o dissociazione di parti dell’io (self), quindi dis-identificarsi è il problema, non la cura. Allora, devo identificarmi con la mia rabbia o disidentificarmi da essa? Entrambe le cose, ma i tempi sono tutto – i tempi dello sviluppo, in questo caso. Se la mia rabbia emerge alla consapevolezza, ed è autenticamente sperimentata e posseduta come la mia rabbia, allora l’obiettivo è continuare la dis- identificazione (lasciare andare la rabbia e l’io che ne fa esperienza – così da convertire l’io in un “me”, cosa che è sana). Ma se la mia rabbia emerge nel campo della consapevolezza come la tua rabbia o la sua rabbia o una rabbia-oggetto – ma non la mia rabbia – l’obiettivo è prima identificarsi e possedere di nuovo la rabbia (convertendo quella “rabbia esterna” o “rabbia sua” in terza-persona in “Rabbia Mia” in prima-persona – e veramente possedere la dannata rabbia). Solo in seguito ci si può dis-identificare dalla rabbia e dall’io che la sperimenta (convertendo la prima-persona soggettiva “io” nella prima-persona oggettiva “me” – che è la definizione di un processo sano di “trascendere e includere”). Ma se come prima cosa non intraprendiamo questa riappropriazione dell’ombra, allora la meditazione sulla rabbia non fa che aumentare l’alienazione – la meditazione diventa “trascendere e negare”, che è esattamente la definizione dello sviluppo patologico. Ken Wilber