Milano 28 aprile 2010
In relazione a questo, nella sua prefazione al libro Integral Medicine (su questo sito), Wilber scrive che esiste “una questione molto complessa, divenuta famosa sotto il nome di “dualismo cartesiano”, o rapporto mente-corpo e che, sotto questi ambiziosi paludamenti filosofici, significa molto semplicemente questo: proprio adesso voi sentite, molto probabilmente, di avere un qualche tipo di coscienza e di libero arbitrio, ma la scienza fisica procede come se la realtà fosse un sistema materialistico chiuso. Anche se da un punto di vista filosofico voi foste dei materialisti, dovreste costantemente ‘tradurre’ ogni esperienza nei termini materialistici, perché non è questo il modo in cui l’esperienza viene fatta. Il fisicalismo, in altri termini, viola la maniera propria in cui naturalmente il mondo presenta se stesso (a parte il fatto che la maggior parte dei filosofi di questa area non pensa che la coscienza possa essere ridotta al materialismo riduttivo). Comunque, come medici convenzionali, siete più o meno obbligati a trattare il paziente come se fosse puramente un sistema biofisico e materiale: medicazioni, chirurgia, radiazioni, insomma, un intervento fisico dopo l’altro. I pazienti, nella loro relazione con la medicina, diventano macchine materiali. Eppure il medico, nella consapevolezza di se stesso, sente di non essere una macchina, e anche i suoi pazienti lo sentono. Il problema “cartesiano” nella pratica convenzionale della medicina è questo: siete obbligati, come medici, a trattare il paziente come una macchina materiale, quando entrambi sapete che non siete macchine”. (Continua nella Riflessione di domani.)